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- I. Concezione generale dell'articolo 96 Cost. e posizione nella Costituzione economica
- II. Genesi dell'articolo 96 capoverso 1 Cost.
- III. Contesto
- IV. Commento in senso stretto
- Letture consigliate
- Bibliografia
- I materiali
I. Concezione generale dell'articolo 96 Cost. e posizione nella Costituzione economica
A. Struttura dell'articolo 96 Cost.
1 L'articolo 96 Cost. riunisce in un unico articolo le competenze federali relative a tre importanti materie di diritto economico: il capoverso 1 della disposizione riguarda il diritto dei cartelli, la lettera a capoverso 2 il diritto di sorveglianza dei prezzi e la lettera b capoverso 2 il diritto contro la concorrenza sleale. Nella vecchia Costituzione federale questi tre ambiti erano distribuiti in diverse disposizioni: la competenza in materia di diritto dei cartelli era sancita dall'articolo 31bis capoverso 3 lettera d aCost, che era stato adottato nel 1947 come uno dei «nuovi articoli economici». L'art. 31septies aBV sulla sorveglianza dei prezzi risaliva a un'iniziativa popolare approvata nel 1982. La competenza federale in materia di diritto contro la concorrenza sleale non era invece disciplinata in modo specifico, ma derivava, tra l'altro, dalla competenza in materia di regolamentazione dell'attività lucrativa di diritto privato (art. 31bis cpv. 2 aBV).
2 Il denominatore comune dei tre ambiti di competenza è il riferimento alla concorrenza. La Costituzione non definisce cosa si intende per concorrenza, ma lascia al legislatore il compito di precisarne i dettagli. Tuttavia, è possibile delineare una concezione preliminare dei tre ambiti come segue: mentre il diritto dei cartelli tutela la libertà e l'efficacia della concorrenza, il diritto contro la concorrenza sleale mira a garantire l'equità nel processo economico. Il diritto antitrust combatte quindi il «raffreddamento» della concorrenza, ovvero le restrizioni che ne impediscono il corretto funzionamento, mentre il diritto contro la concorrenza sleale combatte il «surriscaldamento», ovvero gli eccessi che ne compromettono il corretto funzionamento. Il diritto di sorveglianza dei prezzi, essendo incentrato sul potere di mercato, è sistematicamente attribuibile al diritto antitrust e tutela gli operatori del mercato da carenze concorrenziali in materia di prezzi. In base al mandato legislativo specifico di cui all'articolo 96 capoverso 2 lettera a Cost., esso costituisce un pilastro autonomo della politica della concorrenza. La classificazione giuridica nel capoverso 2 insieme al diritto contro la concorrenza sleale non è convincente, dato il carattere antitrust della sorveglianza dei prezzi.
3 L'articolo 96 Cost. intitolato «Politica in materia di concorrenza» può quindi essere definito nel suo complesso come un articolo sulla concorrenza, composto da un articolo sui cartelli (art. 96 cpv. 1 Cost.), un articolo sulla sorveglianza dei prezzi (art. 96 cpv. 2 lett. a Cost.) e un articolo sulla concorrenza sleale (art. 96 cpv. 2 lett. b Cost.). Dal punto di vista tipologico, l'articolo 96 Cost. è una norma di competenza oggettivamente limitata con effetto derogatorio a posteriori, che attribuisce alla Confederazione la competenza (legislativa) nei settori citati. Nella misura in cui la Confederazione non fa uso della sua competenza legislativa, la competenza rimane ai Cantoni. Nel settore del diritto dei cartelli e della sorveglianza dei prezzi, il legislatore federale ha fatto uso esaustivo della sua competenza, cosicché non rimane spazio per un diritto cantonale in materia di cartelli o di sorveglianza dei prezzi. Lo stesso vale per il diritto contro la concorrenza sleale, con la differenza che in questo caso i Cantoni hanno mantenuto le competenze pertinenti nel settore della polizia del commercio.
B. Riferimento alla libertà economica e al mercato interno
4 Il raggruppamento dei tre settori in un unico articolo sottolinea l'importanza della tutela della concorrenza nel quadro generale dell'ordinamento economico. Esiste uno stretto legame con la libertà economica garantita dall'articolo 27 della Costituzione federale e dall'articolo 94 della Costituzione federale: da un lato, l'iniziativa imprenditoriale deve essere protetta dalle restrizioni statali. Dall'altro, le imprese non devono danneggiare la concorrenza con cartelli o altre restrizioni della concorrenza né distorcerla con comportamenti sleali. Entrambe le finalità di protezione convergono quando la concorrenza è limitata da imprese pubbliche. Dal principio della neutralità della concorrenza deriva che il diritto antitrust si applica in egual misura alle imprese private e a quelle pubbliche. L'affermazione talvolta riportata secondo cui il diritto antitrust ha la funzione di combattere le restrizioni «private» della concorrenza è quindi riduttiva. In generale, si tratta di restrizioni della concorrenza da parte di imprese (nel campo del diritto contro la concorrenza sleale anche da parte di altri attori del mercato), siano esse private o pubbliche. Il legislatore costituzionale conferisce al legislatore il compito di costituire, nel settore dell'economia, un ordine economico basato sul principio della concorrenza.
5 Anche l'articolo 95 Cost., in particolare il suo capoverso 2, serve a eliminare le restrizioni pubbliche al commercio. Uno spazio economico svizzero uniforme mira ad abolire le restrizioni intercantonali. La creazione di un mercato interno a livello nazionale serve a realizzare la libertà economica. La legge sul mercato interno attua queste disposizioni.
C. Tutela dei consumatori
6 Esiste anche uno stretto legame con la tutela dei consumatori. Solo con una concorrenza funzionante i consumatori possono beneficiare di prodotti il più possibile economici, di alta qualità e innovativi. L'economia competitiva garantisce la sovranità dei consumatori, concedendo quindi agli attori alla fine della catena del valore la decisione su ciò che viene prodotto nell'economia nazionale. Se il meccanismo della concorrenza è perturbato da restrizioni o distorsioni, i consumatori perdono la loro sovranità. A causa di questo stretto legame, il progetto di Costituzione del 1995 prevedeva ancora di integrare la competenza federale in materia di protezione dei consumatori nell'articolo sulla concorrenza (art. 78 cpv. 3 LP 95). Tuttavia, poiché le questioni relative alla protezione dei consumatori vanno oltre quelle della concorrenza, alla fine si è optato per un articolo dedicato alla protezione dei consumatori, ovvero l'articolo 97 Cost. Occorre comunque tenere sempre presente l'interazione tra concorrenza e protezione dei consumatori: la tutela della concorrenza protegge anche i consumatori. E consumatori ben informati garantiscono che la concorrenza possa svolgere le sue funzioni.
D. Altri riferimenti costituzionali
7 L'economia di mercato non è uno stato naturale, ma richiede diverse garanzie per la sua realizzazione. La proprietà deve essere garantita (art. 26 Cost.), sia quella privata e acquisita in base al diritto pubblico, sia quella intellettuale. Deve vigere la libertà contrattuale, che è compresa nel diritto fondamentale e nel principio della libertà economica. Lo stesso vale per il diritto di unire le forze e i mezzi di molti, ad esempio nelle società. Il buon funzionamento dell'economia di mercato dipende da una moneta stabile (cfr. art. 99 Cost. e la LBN). Infine, deve vigere l'uguaglianza giuridica (art. 8 Cost.).
8 Esistono anche tensioni tra il principio della concorrenza e singole disposizioni costituzionali. L'articolo 28 della Costituzione garantisce ai lavoratori e ai datori di lavoro la libertà di coalizione, ossia il diritto di negoziare collettivamente le condizioni di lavoro e di concludere contratti collettivi di lavoro. Se le parti sociali non superano questi limiti, il diritto antitrust non è applicabile e il meccanismo della concorrenza è sospeso.
9 Infine, la Costituzione federale contiene, all'interno e all'esterno della sezione dedicata all'economia, numerosi settori politici e settori economici per i quali sono state stabilite norme speciali, ad esempio in materia di lavori pubblici e trasporti (art. 81 segg. Cost.), energia e comunicazioni (art. 89 segg. Cost.), agricoltura (art. 104 Cost.) e all'abitazione, al lavoro, alla sicurezza sociale e alla salute (art. 108 segg.). Solo in casi relativamente rari queste disposizioni consentono alla Confederazione di derogare al principio della libertà economica (cfr. ad esempio l'art. 104 cpv. 2 Cost.). Ciò non comporta tuttavia l'abolizione del principio della concorrenza; ad esempio, le misure devono rispettare il principio della neutralità della concorrenza.
E. Struttura della presentazione
10 Le tre materie normative menzionate nell'articolo 96 Cost., ossia il diritto in materia di cartelli, di sorveglianza dei prezzi e di lealtà delle prestazioni, mirano a tutelare una concorrenza efficace e non falsata o a correggere sviluppi negativi qualora la concorrenza sia già stata danneggiata. Lo fanno in modi diversi e con strumenti diversi, per cui le tre competenze federali integrate nell'articolo sulla concorrenza sono presentate separatamente di seguito. In conformità con l'ordine previsto dall'articolo costituzionale, la presentazione dell'articolo sui cartelli, ossia dell'articolo 96 capoverso 1 Cost., figura all'inizio.
II. Genesi dell'articolo 96 capoverso 1 Cost.
A. I «nuovi» articoli economici del 1947: il «vecchio» articolo sui cartelli
11 Con i «nuovi articoli economici» inseriti nella Costituzione federale nel 1947 si intendeva creare le basi costituzionali per misure che fino ad allora erano state fondate sul diritto di emergenza. Tra questi figurava l'art. 31bis aBV, che all'atto della sua introduzione conferiva alla Confederazione, al capoverso 2, la competenza di emanare norme sull'esercizio delle professioni e di adottare misure di promozione, purché nel rispetto della libertà di commercio e di industria. L'articolo 31bis aCost. prevedeva tuttavia alcune deroghe al paragrafo 3: se l'interesse generale lo giustificava, la Confederazione era autorizzata ad emanare «se necessario in deroga alla libertà di commercio e di industria» determinate norme, tra cui, secondo la lettera d, anche disposizioni «contro gli effetti economici o sociali dannosi dei cartelli e delle organizzazioni analoghe».
12 Il messaggio relativo ai nuovi articoli sull'economia ha fissato il contesto storico. Secondo il messaggio, le associazioni e i cartelli, con una «rete di legami e restrizioni», avevano «di fatto in gran parte annullato la libertà di commercio e di industria». In un processo di formazione delle associazioni durato circa 100 anni, era stata creata un'associazione per ogni professione. La formazione delle associazioni avrebbe «in gran parte eliminato uno dei presupposti fondamentali del liberalismo economico, ovvero che la vita economica è un libero gioco di forze individuali di forza approssimativamente uguale, i cui interessi si compensano reciprocamente sul mercato». Per contrastare questi fenomeni, era necessario conferire alla Confederazione la competenza di emanare norme contro i cartelli e le organizzazioni simili.
13 Per comprendere la tendenza al cartellismo dell'economia svizzera, è necessario fare riferimento alla linea favorevole ai cartelli seguita dal Tribunale federale in questi decenni. Fondamentale è la sentenza del Tribunale federale nel caso del panettiere Vögtlin del 1896. Un panettiere che aveva abbassato i prezzi era stato boicottato dall'associazione dei panettieri. Il Tribunale federale ha stabilito che «la libera concordazione di un prezzo minimo al di sotto del quale i membri dell'associazione non possono vendere la loro merce [...] non viola di per sé né il buon costume né l'ordine giuridico generale», legalizzando così in linea di principio i cartelli. Ciò non ha tuttavia impedito al Tribunale federale di proteggere gli outsider in altro modo: l'appello al boicottaggio doveva essere qualificato come un danno illegittimo, ovvero come un attacco al diritto del commerciante al «rispetto della sua personalità». Si stabilì così un modello di base: valeva il principio della «libertà di cartellizzazione». Contro le forme più gravi (ad esempio il boicottaggio collettivo), il singolo era tuttavia protetto dal diritto della personalità.
14 I nuovi articoli sull'economia si basano su questo rapporto tra regola ed eccezione. In linea con il clima favorevole ai cartelli dell'epoca, il Consiglio federale affermava nel messaggio che «non si tratta di impedire o combattere il fenomeno dei cartelli in sé, ma solo di controllarli, in particolare introducendo un certo obbligo di pubblicità e combattendo gli abusi e le degenerazioni che si verificano». Il rispetto per la «complessità e difficoltà» del problema era tale che qualsiasi dichiarazione «sulla definizione dettagliata di una futura legislazione sui cartelli» era considerata «prematura». L'inserimento di un articolo sui cartelli nell'allora Costituzione federale avvenne quindi con riserva.
15 Ci volle quindi fino al 1962 perché fosse approvata la prima legge sui cartelli, sostituita poi dalla legge sui cartelli del 1985. Attualmente è in vigore la legge sui cartelli del 1995, che nel frattempo è stata più volte riveduta. Mentre le leggi sui cartelli del 1962 e del 1985 possono essere qualificate come deboli sia dal punto di vista sostanziale che istituzionale, la legge sui cartelli del 1995 è una legge moderna, coerentemente orientata alla tutela di una concorrenza efficace. Tutte e tre le leggi sui cartelli si basavano sull'articolo 31bis capoverso 3 lettera d aBV. Le modifiche apportate dal 2000 fanno riferimento all'articolo sulla concorrenza della nuova Costituzione federale, ovvero all'articolo 96 capoverso 1 BV. Il riferimento nel preambolo della legge sui cartelli è stato adeguato di conseguenza.
B. L'articolo sulla concorrenza della Costituzione federale riveduta
16 La formulazione dell'articolo 96 capovers. 1 Cost. si rifà strettamente all'articolo 31bis capovers. 3 lett. d aCost., ma presenta tre differenze di notevole portata. In primo luogo, la Confederazione non è più semplicemente «competente» a legiferare in materia di cartelli, ma «adotta» tali disposizioni, è quindi tenuta a farlo. In secondo luogo, non si fa più riferimento agli effetti dannosi dei «cartelli e delle organizzazioni analoghe» (come nella vecchia Costituzione federale), ma a quelli dei «cartelli e delle altre restrizioni della concorrenza», eliminando così la restrizione di natura organizzativa (cfr. al riguardo N. 56 seg.). In terzo luogo, l'articolo 96 capovers. 1 Cost. si distingue per l'eliminazione delle aggiunte «se l'interesse generale lo giustifica» e «se necessario in deroga alla libertà di commercio e di industria».
17 Mentre le prime due modifiche devono essere discusse nel quadro del commento dettagliato (sotto N. 40 segg., N. 56 segg.), va qui sottolineato il significato dell'omissione citata. La vecchia Costituzione federale partiva dal presupposto che esistesse una contrapposizione tra la libertà di commercio e di industria da un lato e il diritto dei cartelli dall'altro. Se l'interesse generale lo giustificasse e «se necessario», si poteva derogare alla libertà di commercio e di industria per porre rimedio agli eccessi del cartellismo (cfr. supra N. 14). Non erano quindi i cartelli, ma il diritto dei cartelli a essere interpretato come una deroga alla libertà economica.
18 L'articolo 96 capoverso 1 Cost. non contiene tali clausole restrittive. Secondo il messaggio concernente la nuova Costituzione federale, la frase introduttiva della vecchia Costituzione federale è «superflua e non deve essere ripresa nel progetto, poiché l'obiettivo della politica della concorrenza è garantire un ordinamento economico liberale». Poiché il diritto della concorrenza serve a «sostenere e rafforzare il principio della libertà economica», non sussiste alcuna deroga al principio della libertà economica, motivo per cui non è più necessaria la riserva che, se necessario, sia consentita una deroga a tale principio. Il diritto dei cartelli non limita la libertà economica in modo contrario ai principi fondamentali, ma ne esprime i limiti intrinseci.
19 Si è così affermata una dottrina che già in relazione al vecchio articolo sui cartelli sosteneva che l'applicazione del diritto dei cartelli non doveva essere considerata una deroga al principio della libertà di commercio e di industria. Già in precedenza, ad esempio, Zaccaria Giacometti aveva affermato che la libertà contrattuale è tutelata dal principio della libertà economica solo nella misura in cui il suo esercizio non pregiudica il sistema della libera concorrenza; in altre parole, le restrizioni all'autonomia privata a tutela del sistema della libera concorrenza sono compatibili con la libertà di commercio e di industria. Rinunciando alla riserva, la nuova Costituzione federale esprime chiaramente in questo senso che non esiste alcuna contraddizione tra la legislazione sui cartelli e la libertà economica. La lotta contro i cartelli e altre restrizioni della concorrenza, alla quale il legislatore non è più solo autorizzato, ma anche obbligato, non costituisce quindi una limitazione della libertà economica, ma serve a garantirla in modo duraturo. La libertà economica non comprende il diritto di abolire tale libertà mediante cartelli o altre restrizioni della concorrenza. Questa modifica riflette un cambiamento fondamentale nella concezione della libertà, che riconosce il paradosso della libertà in campo economico.
20 Questa pietra miliare nella filosofia antitrust ha ribaltato la prospettiva della politica della concorrenza. Non si tratta più solo di combattere gli eccessi del cartellismo (cfr. supra N. 14). Il legislatore costituzionale incarica piuttosto il legislatore di proteggere la libertà economica dall'autosoppressione. La tolleranza nei confronti delle restrizioni della concorrenza, che era alla base del vecchio articolo sui cartelli, è sostituita da una visione critica del cartellismo.
21 È interessante notare che le valutazioni della letteratura sull'importanza di questo processo divergono notevolmente. Mentre alcuni considerano l'abolizione della frase introduttiva come un «cambiamento di paradigma», altri non attribuiscono particolare importanza alla modifica. A un esame più attento, tuttavia, non vi è alcuna differenza sostanziale. Per coloro che già in base alla vecchia Costituzione federale non vedevano nel diritto dei cartelli una deroga alla libertà di commercio e di industria, è logico non attribuire particolare importanza all'abolizione della riserva nel nuovo articolo sui cartelli. Questa posizione sembra essere stata quella maggioritaria dalla metà degli anni '80. Ma non tutti hanno seguito la nuova interpretazione, continuando a basarsi sul principio della libertà di concorrenza e vedendo nell'articolo e nella legislazione antitrust una «violazione del principio dell'autonomia economica privata». Poiché l'abolizione della frase introduttiva ha chiarito la questione a favore dell'opinione maggioritaria, al processo nel suo complesso dovrebbe essere attribuita un'importanza fondamentale.
22 Questa affermazione si riferisce alla dimensione istituzionale della libertà economica. Il principio della libertà economica (art. 94 cpv. 1 Cost.) va distinto dal diritto fondamentale alla libertà economica (art. 27 Cost.). Dal punto di vista dei diritti fondamentali, il diritto dei cartelli costituisce una restrizione della libertà economica garantita dall'art. 27 Cost., che è soggetta ai requisiti dell'art. 36 Cost. Da ciò non si può tuttavia dedurre che esista (ancora) una «libertà di cartello», per quanto limitata. Il diritto dei cartelli è piuttosto uno degli esempi di collisione tra un diritto fondamentale e il principio della libertà economica. Da un lato, il diritto dei cartelli costituisce una limitazione dei diritti fondamentali; dall'altro, sostiene e rafforza un ordine concorrenziale liberale, realizzando così il principio della libertà economica. L'articolo sul cartello (art. 96 cpv. 1 Cost.) risolve questa ambivalenza: chiarisce che la tutela della concorrenza efficace è un interesse pubblico ai sensi dell'articolo 36 capoverso 2 Cost., cosicché l'ingerenza nel diritto fondamentale è legittima se sono soddisfatte anche le altre condizioni di cui all'articolo 36 Cost. Per quanto riguarda il diritto costituzionale vigente, non si può quindi più parlare di «libertà di concorrenza».
23 L'iniziativa popolare «Stop all'isola dei prezzi elevati – per prezzi equi (Iniziativa per prezzi equi)», presentata il 12 dicembre 2017, avrebbe aggiunto all'articolo 96 capoverso 1 Cost. una seconda frase con il seguente tenore: «Essa [scil. la Confederazione] adotta in particolare misure volte a garantire l'approvvigionamento non discriminatorio di beni e servizi all'estero e a impedire restrizioni della concorrenza causate dal comportamento unilaterale di imprese con potere di mercato.» Una disposizione transitoria nell'articolo 197 della Costituzione avrebbe obbligato il Consiglio federale ad emanare, entro l'entrata in vigore delle modifiche legislative, disposizioni esecutive che avrebbero inserito, tra l'altro, il concetto di potere di mercato relativo nel diritto dei cartelli e la garanzia di acquisti online non discriminatori nel diritto contro la concorrenza sleale. Il legislatore ha attuato gli obiettivi centrali dell'iniziativa per prezzi equi con la revisione della legge sui cartelli del 19 marzo 2021 (RU 2021 576). Di conseguenza, l'iniziativa è stata ritirata il 25 marzo 2021, cosicché l'articolo della Costituzione federale relativo ai cartelli è rimasto invariato.
III. Contesto
A. Portata dell'articolo 96 capoverso 1 Cost.
24 Al centro dell'articolo 96 capoverso 1 Cost. vi è la concorrenza come istituzione. Ciò non esclude tuttavia che dalla disposizione si possa dedurre anche una finalità di tutela individuale. La tutela individuale dei concorrenti e degli altri operatori economici è tuttavia garantita principalmente dall'articolo 27 Cost., che è quindi menzionato anche nel preambolo della legge sui cartelli. L'art. 96 cpv. 1 Cost. non si limita a conferire alla Confederazione la competenza legislativa in materia di diritto dei cartelli, ma aggiunge – contrariamente, ad esempio, alla norma di competenza per il diritto contro la concorrenza sleale di cui all'art. 96 cpv. 2 lett. b Cost. , aggiunge prescrizioni di contenuto: le norme da emanare devono essere dirette «contro gli effetti economici o sociali dannosi dei cartelli e delle altre restrizioni della concorrenza». L'art. 96 cpv. 1 Cost. costituisce quindi una disposizione di competenza con una direttiva materiale.
25 È controversa l'importanza da attribuire a questa direttiva. Una corrente tradizionalista ne deduce che il diritto svizzero in materia di cartelli deve essere soggetto al principio dell'abuso. Esso si distinguerebbe così dalla maggior parte degli altri ordinamenti in materia di cartelli, che seguono il principio del divieto. A ciò si contrappongono opinioni secondo cui l'art. 96 cpv. 1 Cost. non contenga alcuna fissazione del principio dell'abuso, oppure che ritengono obsoleta, poco significativa o irrilevante la distinzione tra principio di divieto e principio dell'abuso. La discussione, talvolta condotta in modo piuttosto apodittico, risente del fatto che, in parte a causa di un'errata comprensione del concetto di abuso, vengono scelte definizioni divergenti che portano a confusione terminologica. Occorre quindi chiarire innanzitutto la terminologia.
B. I concetti di «principio dell'abuso» e «principio del divieto»
26 Inizialmente vi era consenso sul significato del concetto di «principio dell'abuso» nel diritto dei cartelli. Ad esempio, nel messaggio relativo alla legge sui cartelli del 1962, il principio dell'abuso è descritto come segue: «Una legge sui cartelli deve in linea di principio consentire i cartelli e le organizzazioni simili e limitarsi a combatterne gli eccessi». Alla base di ciò vi è una visione positiva dei cartelli: essi sono accolti come una forma di organizzazione economica fondamentalmente positiva. Pertanto, essi rimangono inizialmente ammessi (proprio come le altre restrizioni della concorrenza); solo gli abusi della formazione di cartelli devono essere combattuti. Il principio dell'abuso corrisponde al riconoscimento di un principio di «libertà dai cartelli», che può essere violato solo in casi individuali giustificati. Sotto il dominio del principio dell'abuso, la concorrenza ha un valore secondario.
27 Ciò ha conseguenze sul versante delle conseguenze giuridiche: in un ordinamento antitrust che segue il principio dell'abuso, gli accordi di cartello sono inizialmente efficaci e diventano nulli solo quando un'autorità giudiziaria ha vietato il cartello con sentenza passata in giudicato (nullità ex nunc). In base al principio di divieto, invece, i contratti contrari al diritto antitrust sono nulli fin dall'inizio (nullità ex tunc). Questa terminologia era ben nota al legislatore della legge antitrust del 1995. Nel messaggio relativo alla LCart 1995 si legge: «Il principio dell'abuso non ammette la nullità ex tunc, ma solo quella ex nunc».
28 Per quanto riguarda le sanzioni, ne consegue che, poiché un comportamento diventa illegale secondo il principio dell'abuso solo nel momento in cui un'autorità giudiziaria lo vieta con decisione passata in giudicato, non possono essere inflitte sanzioni dirette, poiché il comportamento cartellistico era legale in passato. Le sanzioni dirette sono invece compatibili con il principio del divieto: il comportamento era infatti contrario al diritto delle cartelli sin dall'inizio.
29 Una parte della dottrina attribuisce invece un altro significato al concetto di abuso: con principio dell'abuso si intende la direttiva sostanziale di cui all'art. 96 cpv. 1 Cost., secondo cui le norme antitrust devono mirare a contrastare gli effetti dannosi dei cartelli e delle altre restrizioni della concorrenza. Secondo questa dottrina, l'abuso consiste quindi negli effetti negativi di un comportamento concorrenziale. Il cambiamento concettuale serve evidentemente a questa parte della dottrina come ancora di salvezza per risolvere il suo problema fondamentale: l'articolo 96 capoverso 1 Cost. non parla di «abuso». In deroga al significato tradizionale, essi attribuiscono al concetto di abuso un significato consequenzialista, che è sì sancito dall'articolo costituzionale, ma che va distinto dalla categoria dell'«abuso».
30 È corretto distinguere tra due coppie di categorie, ovvero tra il principio di divieto e il principio di abuso da un lato e l'approccio basato sulla forma e quello orientato agli effetti dall'altro. Il principio di divieto e il principio di abuso dicono qualcosa sull'atteggiamento di fondo nei confronti dei cartelli e sul funzionamento delle norme antitrust (atteggiamento negativo vs. positivo nei confronti dei cartelli; divieto iniziale vs. divieto a posteriori), mentre la contrapposizione tra forma ed effetto riguarda i requisiti sostanziali dei reati antitrust (tipo di restrizione della concorrenza vs. effetto della restrizione della concorrenza). Che l'equiparazione tra il principio dell'abuso e l'approccio orientato agli effetti sia errata è dimostrato già da un rapido sguardo al diritto antitrust statunitense: L'approccio basato sugli effetti più marcato a livello mondiale è combinato con il principio di divieto.
31 L'equiparazione del principio dell'abuso all'approccio orientato agli effetti causa numerosi malintesi e, a causa dell'uso di una terminologia idiosincratica, compromette la comparabilità giuridica. Di seguito si distingue quindi tra due questioni. In primo luogo, occorre chiarire se l'articolo 96 capoversio 1 Cost. imponga al legislatore il principio dell'abuso (vedi subito dopo) e, in secondo luogo, occorre determinare in che misura le disposizioni costituzionali vincolino il legislatore a un «approccio basato sugli effetti» (vedi sotto N. 44 segg.).
C. Impegno al principio dell'abuso?
32 Il principio dell'abuso è caratterizzato da un atteggiamento di fondo positivo nei confronti dei cartelli. Il messaggio del 1937 relativo al vecchio articolo sui cartelli (art. 31bis cpv. 3 lett. d aBV) era perfettamente in linea con lo spirito dell'epoca (cfr. supra N. 14). Tuttavia, essa chiariva al contempo che non si doveva anticipare la questione della concreta configurazione di un'eventuale legge sui cartelli. Occorre quindi distinguere tra l'ampio margine di manovra della Costituzione federale e la concreta configurazione da parte del legislatore ordinario. Le leggi sui cartelli del 1962 e del 1985 seguivano chiaramente il principio dell'abuso. Il legislatore della legge sui cartelli del 1995, che ha portato un cambiamento di paradigma verso la tutela della concorrenza efficace e ha quindi inaugurato una «nuova era della politica della concorrenza», ha espresso i primi dubbi. Il messaggio relativo alla legge sui cartelli del 1995 contiene da un lato una relativizzazione della legislazione in materia di divieto e abuso. In altri punti, tuttavia, il messaggio si dichiara espressamente a favore del principio dell'abuso. Nonostante questa ambivalenza, sembra corretto qualificare anche la legge sui cartelli del 1995 come legislazione in materia di abuso.
33 Secondo il parere qui sostenuto, tuttavia, con l'introduzione di sanzioni dirette dalla revisione della LCart del 2003, la legge sui cartelli è passata al principio di proibizione. Come già esposto, le sanzioni dirette non possono essere spiegate con il principio dell'abuso (cfr. supra N. 28). Inoltre, il Tribunale federale ha riconosciuto la nullità ex tunc dei contratti contrari al diritto dei cartelli, il che è anch'esso caratteristico del principio di proibizione (cfr. supra N. 27). Con queste due modifiche, la legge sui cartelli ha quindi abbandonato il principio dell'abuso.
34 Nel contesto costituzionale in esame, tuttavia, non si tratta di stabilire quale principio si applichi a livello di legge ordinaria, ma piuttosto se l'articolo sulla concorrenza della nuova Costituzione federale consenta una legislazione di divieto o, al contrario, contenga una codificazione del principio dell'abuso. Per rispondere a questa domanda occorre ricorrere ai metodi di interpretazione riconosciuti. Il testo dell'articolo 96 capoverso 1 Cost. non contiene il termine «abuso». Dal punto di vista storico, va ricordato che già l'articolo 31bis capoverso 3 lettera d aCost., ossia l'articolo sui cartelli della vecchia Costituzione federale, pur essendo improntato allo spirito antitrust dell'epoca, non intendeva porre limiti rigidi al legislatore. Il nuovo articolo sui cartelli di cui all'articolo 96 capoverso 1 Cost. mostra da un lato determinazione: l'emanazione di una legge sui cartelli non è più lasciata alla discrezionalità del legislatore, ma diventa un obbligo. D'altro canto, il messaggio relativo al nuovo articolo sui cartelli afferma ancora più chiaramente rispetto al messaggio relativo al vecchio articolo che quest'ultimo non stabilisce prescrizioni sui «mezzi della politica in materia di cartelli», che il margine di manovra del legislatore in materia di cartelli è «considerevole» e che questi può ricorrere «anche in parte al mezzo del divieto di cartelli». Si tratta di una reazione diretta e di un chiaro rifiuto del principio precedentemente sostenuto del «divieto di legiferare in materia di divieti». È semplicemente escluso vietare in generale gli accordi di concorrenza in quanto tali. La genesi dell'articolo sui cartelli suggerisce quindi che esso è agnostico in materia di principi: il legislatore è libero di decidere se sottoporre il diritto dei cartelli (di obbligatoria adozione) al principio dell'abuso o a quello del divieto. Il messaggio relativo alla nuova Costituzione federale non menziona nemmeno il concetto di abuso (nel contesto del diritto dei cartelli). È vero che nel messaggio relativo alla legge sui cartelli del 1995 si afferma che la Costituzione federale prescrive il principio dell'abuso, anche se tale affermazione è relativizzata in altri punti (cfr. supra N. 32). Tuttavia, una dichiarazione relativa alla legislazione ordinaria non può prevalere sulla normazione a livello costituzionale, che ha concesso al legislatore antitrust un ampio margine di manovra, compresa la possibilità di vieti parziali. Coloro che attribuiscono valore assoluto alla dichiarazione contenuta nel messaggio relativo alla legge sui cartelli del 1995 non tengono conto della gerarchia delle norme e trascurano inoltre che la dichiarazione contenuta nel messaggio sulla LCart si riferisce al vecchio articolo sui cartelli, mentre la dottrina più recente e la modifica della Costituzione del 2000 hanno portato a un cambiamento di paradigma verso una visione critica dell'economia dei cartelli (cfr. supra N. 18 ss.).
35 Da un punto di vista sistematico, va osservato che la Costituzione federale utilizza il termine «abuso» in altri punti, ad esempio nell'articolo 13 capoverso 2, nell'articolo 96 capoverso 2 lettera a, nell'articolo 107 capoverso 1, nell'articolo 109 capoverso 1, nell'articolo 119 capoverso 1 e nell'articolo 120 capoverso 1 Cost. Se il legislatore costituzionale avesse voluto che il legislatore si limitasse a vietare gli abusi del cartello, avrebbe potuto formulare tale divieto in modo analogo alle disposizioni citate, come ha fatto ad esempio in materia di sorveglianza dei prezzi (art. 96 cpv. 2 lett. a Cost.: «Prevenzione degli abusi nella formazione dei prezzi»), ma non nel diritto dei cartelli (art. 96 cpv. 1 Cost.). Anche se lo avesse fatto, le conseguenze non sarebbero state quelle articolate dai sostenitori del principio dell'abuso, che ritengono esclusi i divieti basati su tale principio: ad esempio, l'obbligo di proteggere contro gli abusi della tecnologia genetica di cui all'art. 120 cpv. 1 Cost. ha la funzione di distinguere ciò che è ammissibile da ciò che non lo è. Per l'attuazione, il legislatore può emanare divieti, come ha fatto negli articoli 6 e seguenti della LTG. Non sussiste alcuna contraddizione con il principio dell'abuso sancito dalla Costituzione per il diritto della tecnologia genetica. I divieti sono uno strumento per impedire gli abusi.
36 Dal punto di vista teleologico, è di fondamentale importanza che nella nuova Costituzione federale sia stata soppressa l'aggiunta secondo cui, se necessario, è possibile derogare alla libertà di commercio e di industria (cfr. già sopra N. 18 segg.). La libertà economica deve essere protetta dall'autolesionismo: non è più il diritto antitrust a essere identificato come problema, bensì i cartelli stessi. L'atteggiamento positivo nei confronti dei cartelli è sostituito dal riconoscimento dei limiti intrinseci della libertà economica. Il legislatore è ora tenuto ad emanare norme antitrust e quindi a tutelare la concorrenza efficace. È «tenuto a contrastare ogni forma di abuso di potere nel diritto privato». Anche l'obiettivo dell'articolo antitrust è quindi contrario a vincolare il legislatore a un rigido sistema di principi e a maggior ragione a un obbligo di applicare la dottrina dell'abuso favorevole ai cartelli.
37 In sintesi, si può affermare che l'articolo della Costituzione federale sui cartelli concede al legislatore un ampio margine di manovra: l'articolo 96 capoverso 1 Cost. è una norma di finalizzazione che impone al legislatore l'obiettivo di impedire i danni causati dai cartelli e da altre restrizioni della concorrenza, ma gli lascia ampia libertà nella scelta dei mezzi. Non vi è alcun riferimento al principio dell'abuso. Le disposizioni dell'articolo sulla concorrenza escludono solo un divieto generale dei cartelli con riserva di autorizzazione. Non sarebbe quindi conforme alla Costituzione introdurre un sistema di notifica e autorizzazione come quello in vigore nella Comunità europea fino al 2004. Ciò non cambia tuttavia l'importanza fondamentale della concorrenza che il legislatore federale è tenuto a proteggere. L'adozione di una «libertà antitrust», per quanto limitata, deve quindi essere respinta. Il legislatore ha piuttosto il compito di «proteggere il bene della concorrenza».
38 Di conseguenza, gli argomenti che invocano in generale il principio dell'abuso non trovano ascolto in tribunale. Il Tribunale federale e il Tribunale amministrativo federale non hanno ancora riconosciuto espressamente la validità del principio di divieto. Tuttavia, entrambi i tribunali respingono come irrilevanti le argomentazioni delle parti che fanno riferimento al principio dell'abuso.
D. Conclusione
39 Il principio dell'abuso nel diritto dei cartelli significa che i cartelli sono riconosciuti come una buona forma di organizzazione economica e che pertanto si deve e si può intervenire solo contro gli abusi della formazione di cartelli. Secondo una parte della dottrina, il principio dell'abuso è tuttora vincolante per il legislatore in materia di cartelli dal punto di vista costituzionale. L'interpretazione metodologica dell'articolo della Costituzione federale relativo ai cartelli offre un quadro diverso: già l'art. 31bis cpv. 3 lett. d aBV, l'articolo della vecchia Costituzione federale relativo ai cartelli, era formulato in modo aperto al riguardo. Nonostante tutta la simpatia che all'epoca si nutriva per i cartelli, non si doveva anticipare la concreta configurazione delle future leggi in materia. Al più tardi con l'art. 96 cpv. 1 Cost., ossia il nuovo articolo sui cartelli, non vi è più alcun riferimento al principio dell'abuso. Il legislatore in materia di cartelli è sostanzialmente libero nella configurazione, se si prescinde dall'introduzione di un sistema di notifica e di autorizzazione (cfr. supra N. 37).
IV. Commento in senso stretto
A. «adotta»
40 Gli articoli della Costituzione federale relativi alle competenze sono spesso formulati in modo tale che una determinata materia è «di competenza della Confederazione» (ad es. il diritto civile e il diritto di procedura civile secondo l'art. 122 cpv. 1 Cost., il diritto penale e il diritto di procedura penale secondo l'art. 123 cpv. 1 Cost.). In altri contesti, la Costituzione fa un passo avanti e prevede che la Confederazione «editi» norme su un determinato tema (cfr. ad esempio gli art. 38 cpv. 2, 74 cpv. 1, 80 cpv. 1 e 98 cpv. 1 e 3 Cost.). Quando ad esempio l'art. 98 cpv. 1 Cost. stabilisce che la Confederazione «adotta» norme sul settore bancario e borsistico, ciò significa che essa è tenuta ad adottare norme e che la mancata regolamentazione non è un'opzione.
41 Lo stesso vale per l'articolo 96 capoverso 1 Cost. La disposizione obbliga il legislatore federale ad emanare norme in materia di diritto dei cartelli. La questione dell'opportunità di una legislazione sui cartelli non è quindi più a sua discrezione; è quindi escluso un «laissez faire» nella politica della concorrenza. Alla base di ciò vi è la consapevolezza che la concorrenza non si autoalimenta, ma è minacciata dall'autodistruzione attraverso la formazione di cartelli e monopoli (cfr. già sopra N. 19 segg.). Lo Stato ha quindi la responsabilità di mantenere il sistema concorrenziale.
B. «Disposizioni»
42 L'articolo 96 capoverso 1 LCart obbliga il legislatore federale ad emanare «prescrizioni» in materia di diritto dei cartelli, lasciandogli libertà nella tecnica legislativa. La soluzione effettivamente scelta, ovvero una legge sui cartelli separata, non è prescritta dalla Costituzione. Sarebbe conforme alla Costituzione integrare il diritto dei cartelli in una legge che disciplini l'intero mercato, come ha fatto la Francia con il Code de commerce. Si potrebbe anche immaginare una legge che riunisca sotto lo stesso tetto il diritto antitrust in senso stretto e il diritto di sorveglianza dei prezzi, a condizione che la legge integrata sul cartello e sulla sorveglianza dei prezzi preveda uno strumento specifico di sorveglianza dei prezzi e l'istituzione di un sorvegliante dei prezzi. Sarebbe anche ipotizzabile riunire il diritto antitrust e il diritto contro la concorrenza sleale in un'unica legge, come hanno fatto alcuni paesi dell'Europa centrale e orientale durante la transizione all'economia di mercato. La Costituzione offre al legislatore un ampio margine di manovra in tali questioni di tecnica legislativa.
43 La differenza di formulazione tra l'articolo 96 capoverso 1 («edita prescrizioni») e capoverso 2 («adotta misure») è puramente terminologica. Essa non significa che la Confederazione possa intervenire nel settore del diritto dei cartelli (capoverso 1) solo a livello legislativo e non a livello amministrativo. Il legislatore ha infatti giustamente basato sull'articolo 96 capoversio 1 Cost. anche le disposizioni esecutive relative all'applicazione del diritto dei cartelli da parte delle autorità federali.
C. «Effetti pregiudizievoli»
44 Ai sensi dell'articolo 96 capoversio 1 Cost., la Confederazione deve emanare prescrizioni contro gli «effetti pregiudizievoli» per l'economia nazionale o la società dei cartelli e delle altre restrizioni della concorrenza. Mentre il messaggio relativo alla disposizione precedente sottolineava ancora «che non si tratta di impedire o combattere il fenomeno dei cartelli in sé, ma solo di controllarli, in particolare introducendo un certo obbligo di pubblicità e combattendo gli abusi e gli eccessi», l'orientamento del nuovo articolo sul cartello è diverso: «L'articolo 1 non si pronuncia sui mezzi della politica in materia di cartelli. Il legislatore in materia di cartelli dispone di un ampio margine di manovra; in determinate circostanze può anche ricorrere in parte al divieto di costituire cartelli». Esso non può tuttavia vietare «gli accordi di concorrenza in quanto tali».
45 Anche se la formulazione «effetti pregiudizievoli» risale alla vecchia Costituzione federale, il significato nel contesto della nuova Costituzione federale si è trasformato nel suo contrario: mentre in origine i cartelli erano accettati e si parlava addirittura di «libertà dai cartelli», ora si tratta di impedire i cartelli e altre restrizioni della concorrenza (cfr. supra N. 36 seg.). La legge sui cartelli del 1995 ha anticipato il cambiamento costituzionale avvenuto pochi anni dopo, inserendo il riferimento agli effetti pregiudizievoli nell'articolo 1 LCart in un contesto favorevole alla concorrenza: secondo l'articolo relativo allo scopo della legge sui cartelli, l'obiettivo del diritto dei cartelli è quello di «promuovere la concorrenza nell'interesse di un ordine economico liberale basato sul libero mercato». Per ordine liberale non si intende la «libertà dai cartelli», bensì una libertà di concorrenza globale. Questa interpretazione era già stata sviluppata nella dottrina del diritto costituzionale per il vecchio articolo sui cartelli, ma è diventata diritto costituzionale vigente al più tardi con il nuovo articolo sui cartelli. I cartelli e l'abuso di potere monopolistico sono in linea di principio vietati perché producono effetti dannosi. Non può trattarsi di effetti irrilevanti. In linea con questo principio, la legge richiede quindi, in relazione agli accordi di concorrenza, almeno una «restrizione significativa» della concorrenza (art. 5 cpv. 1 LCart). Per il controllo delle concentrazioni si applica un criterio di intervento speciale (art. 10 cpv. 2 LCart). Per l'abuso di una posizione dominante non è invece necessaria una qualificazione speciale, poiché in tali casi la concorrenza è già indebolita proprio a causa della posizione dominante e i mercati interessati devono quindi essere protetti da qualsiasi ulteriore pregiudizio.
46 Alcune voci in dottrina vanno oltre, deducendo dall'art. 96 cpv. 1 Cost. che il legislatore può vietare solo un comportamento che nel singolo caso ha effetti pregiudizievoli. La Costituzione obbligherebbe il legislatore e gli organi preposti all'applicazione del diritto ad adottare un «approccio basato sugli effetti». Alla Costituzione viene quindi attribuito il compito di risolvere i singoli casi da parte del legislatore e delle autorità preposte all'applicazione del diritto.
47 Questo punto di vista misconosce la funzione dell'articolo sulla concorrenza come norma di competenza costituzionale. Come risulta dai materiali, al legislatore viene concesso un ampio margine di manovra che include la possibilità di vietare (cfr. supra N. 34). L'«approccio basato sugli effetti» è un approccio sviluppato negli Stati Uniti dai rappresentanti della Chicago School e diffuso a partire dagli anni '70. Il legislatore costituzionale svizzero, sia quello dei nuovi articoli economici del 1947 (quando la Chicago School non esisteva ancora!) sia quello della Costituzione federale del 2000, era ben lungi dall'intenzione di sancire nella Costituzione federale una teoria concreta in materia di politica della concorrenza. Del resto, l'obiettivo principale della Chicago School era quello di applicare una maggiore analisi economica agli accordi di concorrenza verticale, ai comportamenti unilaterali e al controllo delle concentrazioni. Il divieto per se dei cartelli classici nel diritto antitrust statunitense è rimasto invariato e continua ad essere applicato con coerenza. Non è quindi lecito ricavare dall'articolo sul cartello un significato estraneo al legislatore costituzionale con il concetto di «approccio basato sugli effetti».
48 A favore di un'interpretazione restrittiva depone anche la discussione di principio sugli obiettivi del diritto dei cartelli. Occorre distinguere tra approcci utilitaristici, che mettono al centro l'obiettivo dell'efficienza, e concezioni deontologiche o sistemiche, che proteggono la concorrenza in sé («teoria della libertà di concorrenza»). L'«approccio basato sugli effetti» è un approccio orientato all'efficienza, che può essere attribuito alle descrizioni utilitaristiche degli obiettivi e che dagli anni '90 è stato promosso (ma non assolutizzato) dalla Commissione europea con lo slogan «more economic approach». Anche a distanza di decenni, non è chiaro in che misura il criterio dell'efficienza debba essere recepito nella normativa antitrust. Persino i principali esponenti della Chicago School erano dell'opinione che si dovesse evitare di esagerare il criterio dell'efficienza. Molti elementi indicano che una sintesi tra le posizioni di principio è possibile e auspicabile. È del tutto improbabile che il legislatore costituzionale abbia voluto risolvere la controversia sui principi della politica della concorrenza e vincolare il legislatore antitrust a una determinata scuola di pensiero. Anche dalla discussione sugli obiettivi del diritto antitrust si può quindi dedurre che la Costituzione non impone un obbligo generale di adottare un «approccio basato sugli effetti».
49 La chiave per una corretta interpretazione del concetto di «effetti pregiudizievoli» si trova nel messaggio relativo alla legge sui cartelli del 1995: secondo tale messaggio, l'articolo della Costituzione federale sul cartello chiarisce che la legislazione in materia di concorrenza non può perseguire fini arbitrari, ma deve proteggere dagli effetti negativi dei cartelli e di altre restrizioni della concorrenza. La teoria del saldo vigente secondo le leggi sui cartelli del 1962 e del 1985, che riconosceva obiettivi di interesse pubblico non concorrenziali, è quindi esclusa. Per il resto, il riferimento agli effetti dannosi esprime un'ovvietà: nel formulare gli elementi costitutivi del reato di cartello, il legislatore si trova di fronte al compito di distinguere tra restrizioni della concorrenza dannose e innocue. Questo compito è talmente ovvio che l'articolo sulla concorrenza «quasi inutilmente» menziona gli effetti dannosi.
50 Spetta al legislatore ordinario eseguire il mandato dell'articolo sul cartello. A livello internazionale è consuetudine che gli elementi costitutivi del diritto antitrust prevedano una combinazione di fattori formali e di efficacia. Ciò si basa sull'esperienza che esistono comportamenti particolarmente anticoncorrenziali per i quali un'analisi più approfondita degli effetti sarebbe sproporzionata. La soluzione adottata dal legislatore svizzero in materia di cartelli, ovvero un sistema di fattispecie generali, presunzioni ed esempi di applicazione, si inserisce in questa evoluzione. Ciò è compatibile con le disposizioni dell'articolo della Costituzione federale sui cartelli. È invece la posizione opposta ad essere discutibile dal punto di vista costituzionale: la richiesta di effettuare un'analisi d'impatto completa in ogni singolo caso ignora il fatto che esistono comportamenti particolarmente pericolosi per i quali un'analisi d'impatto più approfondita è superflua. L'impiego delle risorse delle autorità antitrust per una verifica degli effetti in tali casi riduce il potenziale di perseguire altre restrizioni della concorrenza. L'assolutizzazione dell'analisi degli effetti vanifica quindi il requisito di cui all'articolo 96 capoverso 1 Cost., che prevede la messa a disposizione di strumenti efficaci per la tutela della concorrenza e la garanzia di un «ordinamento concorrenziale funzionante».
51 In sintesi, ne consegue che la norma obiettivo dell'articolo 96 capoverso 1 Cost. non obbliga a effettuare una verifica degli effetti dannosi in ogni singolo caso, ma incarica il legislatore di emanare norme antitrust che garantiscano una protezione efficace della concorrenza, al fine di evitare danni all'economia e alla società. Il legislatore dispone di un ampio margine di manovra nella scelta o nella combinazione di elementi basati sulla forma e sugli effetti e può anche prevedere divieti parziali. Un divieto generale dei cartelli con riserva di autorizzazione (cfr. supra N. 37), che nessuno vorrebbe introdurre, è tuttavia escluso dall'articolo sui cartelli.
D. «dannoso dal punto di vista economico o sociale»
52 Il dibattito sugli effetti dannosi dei cartelli e di altre restrizioni della concorrenza è generalmente condotto in termini economici. Si dimentica però che l'articolo sui cartelli fa riferimento in alternativa agli «effetti socialmente dannosi». Nelle precedenti leggi sui cartelli gli aspetti sociali rivestivano un ruolo importante, poiché secondo la teoria del saldo allora vigente gli aspetti sociali dovevano essere inseriti in un bilancio economico e sociale globale e ponderati con gli interessi economici e gli aspetti della concorrenza. L'articolo 29 LCart 1985, che sanciva la teoria del saldo nel diritto positivo, citava gli effetti sulle regioni del Paese e gli interessi dei lavoratori e dei consumatori interessati come beni giuridici da ponderare. Con l'abolizione della teoria del saldo, gli aspetti sociali sono stati eliminati dalla procedura ordinaria in materia di cartelli, cosicché essi sono menzionati solo in relazione alla procedura di autorizzazione eccezionale da parte del Consiglio federale.
53 Una tale restrizione del significato non è conforme alla disposizione generale dell'articolo 96 capoverso 1 Cost. Il criterio della nocività sociale si applica in generale al diritto della concorrenza. Esso sottolinea la funzione sociale del diritto dei cartelli, che va oltre le funzioni economiche: esso mira a impedire l'accumulo e la concentrazione del potere economico nelle mani di singoli, poiché l'esperienza dimostra che i cartelli e i monopoli, nonché i loro rappresentanti, esercitano anche una grande influenza sulla formazione della volontà politica. L'impedimento di accordi restrittivi della concorrenza, di abusi di potere di mercato e di concentrazioni restrittive della concorrenza ha quindi anche una dimensione sociale.
54 In particolare, già la semplice conclusione di accordi cartellari, e non solo la loro attuazione, crea un clima favorevole ai cartelli, che è veleno per l'economia concorrenziale. Il Tribunale federale ha infatti statuito, in un'interpretazione conforme alla Costituzione (richiamandosi all'articolo 96 Cost.), che «gli accordi, e non solo la pratica dei tipi di accordi di cui all'articolo 5 capoversi 3 e 4 LCart, creano un clima di ostilità alla concorrenza che è “economicamente o socialmente dannoso” per il funzionamento della concorrenza normale». Occorre quindi proteggere anche la concorrenza potenziale.
55 In definitiva, il riferimento ai danni sociali causati dalla formazione di cartelli crea un legame tra un'economia di mercato libera dai cartelli e la democrazia diretta: le decisioni devono essere prese a livello decentralizzato, nell'economia dai singoli attori a livello dei mercati, nella sfera politica in ultima istanza dai cittadini. La dimensione sociale del diritto antitrust crea quindi un legame con i principi fondamentali dello Stato e sottolinea l'importanza del mandato conferito al legislatore dall'articolo 96 capoverso 1 Cost. di creare un ambiente favorevole alla concorrenza.
E. «di cartelli e altre restrizioni della concorrenza»
56 Il vecchio articolo sui cartelli menzionava solo «cartelli e organizzazioni simili». In origine, la legislazione doveva quindi riguardare solo i cartelli in senso stretto (cioè gli accordi tra concorrenti che limitano la concorrenza, ovvero gli accordi orizzontali) e le organizzazioni simili. Secondo il messaggio relativo ai nuovi articoli sull'economia, ciò avrebbe dovuto includere anche i trust. Nel corso del tempo, la disposizione è stata interpretata in modo più ampio. Il legislatore della legge sui cartelli del 1995 riteneva, ad esempio, che la formulazione consentisse in generale misure «contro le restrizioni private della concorrenza». Ciò includeva norme contro gli accordi verticali di concorrenza (vale a dire quelli tra imprese operanti a diversi livelli del mercato, ad esempio i contratti di distribuzione), l'abuso di potere di mercato e le concentrazioni anticoncorrenziali, ossia le restrizioni della concorrenza che non rientrano necessariamente a prima vista nella nozione di «cartelli e organizzazioni simili».
57 Nel nuovo articolo sui cartelli è stata completamente superata la restrizione di natura organizzativa. Il diritto dei cartelli non deve più limitarsi ai «cartelli e alle organizzazioni analoghe», ma disciplinare in generale i «cartelli e altre restrizioni della concorrenza». Questa formulazione comprende tutti i comportamenti che rientrano abitualmente nella nozione di diritto dei cartelli, ossia le norme relative agli accordi di concorrenza (orizzontali e verticali), all'abuso di potere di mercato e al controllo delle concentrazioni. Inoltre, la formulazione è sufficientemente ampia da consentire l'introduzione di nuove disposizioni relative alle norme aziendali volte a contrastare le restrizioni della concorrenza contrarie alla funzione delle imprese. La disposizione sarebbe anche idonea come base per una sorveglianza dei prezzi nell'ambito della politica della concorrenza, se non fosse già disponibile una base di competenza specifica a tal fine nell'articolo 96 capoverso 2 lettera a LdC, che prevale in quanto norma più specifica. Ciò non esclude che le restrizioni della concorrenza relative ai prezzi rientrino anche nel diritto generale in materia di cartelli, ad esempio nel caso di cartelli sui prezzi o di abusi di posizione dominante da parte di operatori dominanti. Le violazioni della correttezza contrarie alla funzione sono invece materia del diritto contro la concorrenza sleale. A tal fine, l'articolo 96 capoverso 2 lettera b Cost. costituisce la base di competenza corretta.
58 Il diritto dell'UE prevede agli articoli 107 e seguenti TFUE un controllo degli aiuti di Stato, che costituisce il quarto pilastro del diritto europeo della concorrenza (insieme alle norme relative agli accordi restrittivi della concorrenza, all'abuso di posizioni dominanti e al controllo delle concentrazioni) nel capitolo dedicato alle «Regole di concorrenza». Il controllo degli aiuti non è tuttavia rivolto alle imprese, ma agli Stati membri che concedono le sovvenzioni o alle loro sottodivisioni e non costituisce quindi un diritto antitrust in senso stretto. Se il legislatore federale volesse introdurre un controllo delle sovvenzioni, l'articolo 96 capoverso 1 Cost. non costituirebbe quindi una base di competenza adeguata. Per le sovvenzioni cantonali e comunali è invece possibile invocare la competenza legislativa ai sensi dell'articolo 95 capoverso 2 Cost.; per le sovvenzioni federali si presume una competenza federale tacita.
59 Dall'obbligo del legislatore federale di emanare norme in materia di diritto dei cartelli (cfr. supra N. 40 seg.), combinato con la congiunzione «e» tra «cartelli» e «altre restrizioni della concorrenza» nell'articolo 96 capoverso 1 Cost., discorre che il legislatore deve emanare norme su tutti i settori riconosciuti del diritto dei cartelli. Esso non potrebbe quindi limitarsi a norme sui cartelli, tralasciando gli accordi verticali in materia di concorrenza. È altresì tenuto ad emanare norme sul comportamento unilaterale delle imprese e sul controllo delle concentrazioni.
60 Gli effetti dannosi dei «cartelli e delle altre restrizioni della concorrenza» possono essere evitati solo se le norme antitrust sono efficaci. Sia le norme di diritto sostanziale che le disposizioni relative alle istituzioni e alle procedure devono quindi essere concepite in modo tale da evitare o riparare i danni economici e sociali causati dai cartelli e dalle altre restrizioni della concorrenza. Per quanto riguarda il diritto sostanziale, le fattispecie non devono imporre requisiti eccessivi alle autorità preposte all'applicazione del diritto. Per quanto riguarda le istituzioni e le procedure, occorre distinguere tra public e private enforcement. Per l'applicazione del diritto pubblico devono essere disponibili autorità e tribunali dotati di risorse sufficienti e dei poteri necessari per garantire l'applicazione del diritto sostanziale entro un termine ragionevole. Un'applicazione efficace del diritto civile presuppone, tra l'altro, che non sussistano restrizioni alla legittimazione attiva contrarie al sistema e che i tribunali civili reagiscano alle particolari difficoltà probatorie nel diritto civile in materia di cartelli sfruttando appieno il margine di manovra a loro disposizione in materia di prova e di valutazione delle prove. Anche se l'articolo 96 capoverso 1 Cost. concede al legislatore un ampio margine di manovra, questi deve comunque sempre tenere conto del fatto che le norme in materia di diritto dei cartelli devono garantire una protezione efficace della concorrenza. Dall'articolo sul cartello si deduce quindi, come prescrizione vincolante per il legislatore e per chi applica la legge, il principio di efficacia: il diritto sostanziale e il diritto procedurale devono essere configurati, interpretati e applicati in modo tale che l'effettiva applicazione del diritto dei cartelli non sia resa praticamente impossibile o eccessivamente difficile per via amministrativa o privata.
F. «contro»
61 Le norme da emanare devono essere dirette «contro» gli effetti economici o sociali dannosi dei cartelli e delle altre restrizioni della concorrenza. Il legislatore non ha ripreso questa preposizione nel titolo della legge sui cartelli, ma ha scelto la formulazione «legge federale sui cartelli e altre restrizioni della concorrenza». Il termine «sulle» è stato ripreso dalle leggi sui cartelli del 1962 e del 1985 e risale quindi a un’epoca in cui l’economia dei cartelli era vista in modo positivo. La legge sui cartelli del 1995 ha sì operato un cambiamento di rotta fondamentale a favore della protezione della concorrenza efficace, ma non ha espresso questa nuova orientazione nel titolo della legge. Gli effetti dannosi dei cartelli e delle altre restrizioni alla concorrenza vengono combattuti adottando norme «contro» di essi, come prescritto dall'articolo della Costituzione federale sui cartelli. Il legislatore è quindi chiamato a modificare il titolo della legge in «Legge federale contro i cartelli e altre restrizioni alla concorrenza», così come la LIG è denominata «Legge federale contro la concorrenza sleale».
G. Prospettive
62 L'articolo sui cartelli del 2000 ha ribaltato i presupposti della politica della concorrenza: i cartelli non sono più riconosciuti come una buona forma di organizzazione, ma sono considerati una deviazione dalla libertà economica e quindi una minaccia all'ordine liberale dell'economia di mercato. Gli ambienti tradizionalisti contestano questo cambiamento di significato e si aggrappano a principi favorevoli ai cartelli che traggono dall'art. 96 cpv. 1 Cost. (vale a dire gli «effetti pregiudizievoli»), che la Costituzione federale del 2000 ha effettivamente ripreso dal periodo dei cartelli. Per evitare fin dall'inizio tali interpretazioni errate, è giunto il momento di modificare l'articolo 96 capoverso 1 della Costituzione federale. Si raccomanda di formulare la disposizione come segue: «La legislazione in materia di diritto dei cartelli e della concorrenza è di competenza della Confederazione». Spetta quindi al legislatore elaborare norme che attribuiscano il giusto peso all'interesse pubblico fondamentale di un'economia concorrenziale funzionante.
L'autore
Il Prof. Dr. iur. Andreas Heinemann, economista diplomato, DIAP (ENA, Parigi), è titolare di una cattedra di diritto commerciale, economico ed europeo all'Università di Zurigo e professore ospite permanente all'Università di Losanna. La sua ricerca si concentra sul diritto economico svizzero, europeo e internazionale, con particolare interesse per il diritto dei cartelli e della proprietà intellettuale. È membro del consiglio di amministrazione e del comitato direttivo dell'Istituto europeo dell'Università di Zurigo (EIZ). Dal 2011 al 2022 ha fatto parte della Commissione svizzera della concorrenza, di cui è presidente dal 2018. L'autore sarà lieto di ricevere commenti sul presente articolo all'indirizzo andreas.heinemann@ius.uzh.ch.
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